mercoledì 6 febbraio 2008

Shoah e Foibe: costruire una memoria storica

C'è una profonda contraddizione nella decisione con cui la nuova amministrazione comunale di Melegnano, guidata dal sindaco Vito Bellomo, ha scelto di non commemorare la giornata della Memoria delle vittime della Shoah, ma di dedicare le proprie cure alla Giornata del ricordo dell'esodo degli italiani di Istria, Fiume e Dalmazia e delle vittime delle foibe.

Martedì prossimo, 5 febbraio, alle 21 nella sala delle Battaglie del Castello Mediceo, moderati da Fabio Raimondo, assessore ai Servizi sociali e alle politiche della famiglia, ne parleranno Vito Bellomo, Denis Zanaboni, assessore alla Cultura e identità, Piero Tarticchio, presidente del Centro di cultura Giuliano Dalmata, esule e figlio di un infoibato, oltre che parente di altre sei vittime delle foibe, insieme a Roberto Predolin, dirigente nazionale dell'Associazione Venezia Giulia e Dalmazia (oltre che assessore al Commercio del Comune di Milano).

L'iniziativa è lodevole: ricordare le migliaia e migliaia di vittime (italiane ma non solo, poiché vennero trucidati anche sloveni e croati la cui colpa era solo quella di essere anticomunisti) degli eccidi compiuti dai partigiani titini è un dovere, Commemorare l'etnocidio e la pulizia etnica nei confronti degli italiani di Istria, Dalmazia e Fiume e l'esodo di circa 250mila nostri connazionali è un dovere, come ha testimoniato di recente anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Quello che appare meno nobile, ma forse semplicemente solo di parte e quindi stolto, è il tentativo dell'Amministrazione di Melegnano di commemorare quelle tragedie senza denunciare altre tragedie che a quelle sono strutturalmente connesse.

Parliamo delle politiche razziste che il regime fascista condusse per anni e anni contro le popolazioni slovene e croate dell'Istria e della Dalmazia. Parliamo del tentativo di Mussolini e dei suoi gerarchi di cancellare la lingua, la cultura, gli stessi cognomi delle famiglie slovene e croate, di modificare la toponomastica, di inculcare la "superiorità" della "razza" italiana nei confronti dei popoli slavi.

Non solo. Parliamo dei crimini di guerra compiuti dai militari italiani e dai fascisti nell'allora Jugoslavia. Parliamo, ad esempio, della repressione attuata durante il conflitto non solo contro i partigiani del Fronte di Liberazione, ma contro tutta la popolazione jugoslava assoggettata ai vincitori, italiani e tedeschi, fascisti e nazisti.

Parliamo dei proclami del generale fascista Orlando che ordinava «è necessario eliminare: tutti i maestri elementari, tutti gli impiegati comunali e pubblici in genere (A.C., Questura, Tribunale, Finanza ecc.), tutti i medici, i farmacisti, gli avvocati, i giornalisti, ... i parroci, ... gli operai, ... gli ex-militari italiani, che si sono trasferiti dalla Venezia Giulia», chiedendone la deportazione a migliaia nei campi di concentramento.

Parliamo del generale fascista Roatta, che in un vertice tenuto a Fiume il 23 maggio 1942, annunciava l'appoggio di Mussolini alla linea dura: «Anche il Duce ha detto di ricordarsi che la miglior situazione si fa quando il nemico è morto. Occorre quindi poter disporre di numerosi ostaggi e di applicare la fucilazione tutte le volte che ciò sia necessario... Il Duce concorda nel concetto di internare molta gente - anche 20-30.000 persone».

Parliamo dei processi sommari, delle fucilazioni, dei campi di concentramento per i civili. Ricordiamo, solo per citare un caso, il famigerato campo di prigionia di Arbe dove le condizioni inumane condussero centinaia di persone alla morte per fame e stenti, secondo la denuncia degli stessi Carabineri Reali nei loro rapporti ai Comandi italiani: solo fino al 19 novembre 1942, ad Arbe morirono di fame e stenti 289 persone, di cui 62 bambini.

Quelle vicende, quelle stragi, quegli orrori - sia chiaro - non giustificano la terribile risposta titina, condotta non solo contro i criminali di guerra fascisti, ma anche contro civili italiani, contro altri antifascisti di diverso colore politico. La politica prebellica e militare di Mussolini non può essere usata come motivazione per stendere il manto dell'oblìo sulla pulizia etnica applicata da Tito nei confronti degli italiani che abitavano in quei territori.

Ma se non si denuncia integralmente la follia razzista e imperialista del fascismo e del nazismo, se non si ricordano tutte, proprio tutte le vittime degli orrori della Seconda Guerra Mondiale, qual è il fondamento della pietà umana che può e deve essere espressa nei confronti delle migliaia e migliaia di italiani vittime dello stalinismo nella sua variante titina? Quale memoria, davvero storica e non semplicemente di parte, può essere efficacemente costruita se i carnefici jugoslavi - perché tali furono gli autori dei massacri delle foibe e della "pulizia tecnica" nelle ex province adriatiche d'Italia – sembrano emergere come per incanto, senza alcun retroterra, dalle vicende seguite all’armistizio del 1943 e alla fine del secondo conflitto mondiale?

Questo sforzo di raccontare tutta la storia, anche quella che non fa onore agli italiani, è del tutto assente dalla commemorazione organizzata dalla Giunta di Vito Bellomo. Forse poteva essere altrimenti, ma a quanto pare forze come Alleanza Nazionale e Lega Nord hanno voluto così. D'altronde se si intitola un assessorato all'"identità", come si può poi farsi carico di cercare di comprendere la "molteplicità" e la "diversità", non solo di un angolo d'Europa dove, prima del fascismo, convivevano popoli, culture e lingue diverse, italiani, sloveni, croati, ma anche quella dell’Italia, della Melegnano di oggi?

Un ultimo, anedottico dettaglio. Lo stesso Sindaco Vito Bellomo e la stessa Giunta, che hanno organizzato il convegno di martedì prossimo, alcuni mesi or sono hanno deciso di intitolare una via di Melegnano alla memoria di don Cesare Amelli. Fra le tante a disposizione, hanno scelto di cancellare proprio via Zara, l'unica che, insieme a via Fiume, ricordasse le vicende degli esodi dalmati. Le contraddizioni, si sa, spesso si possono leggere anche nei dettagli.

Gruppo Consiliare Partito Democratico
e Partito Democratico di Melegnano

31 gennaio 2008

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